
Itinerario manzoniano
Il lago, le montagne, i torrenti, le viuzze, i rioni sparsi ai piedi del Resegone o affacciati sull’acqua: ogni particolare della città rimanda al romanzo.
Soprannome abitanti: Pécen, ovvero “pettini”. Il termine, che è diventato soprannome degli abitanti del rione, indica, per contrasto, persone che non si vestono con particolare cura e gusto.
Il piccolo e raccolto abitato di Malavedo è un crocevia di viuzze che si snodano attorno alla caratteristica chiesa di sant’Antonio Abate, realizzata in stile romanico lombardo. La dedicazione dell’edificio al patrono, tra gli altri, dei cavallanti e dei mercanti, segnala che Malavedo sorgeva su una peculiare via di traffico: quella diretta in Valsassina. Osservando nel complesso il rione, spicca con chiarezza il suo forte legame con il ferro: infatti, come i vicini centri che sorgono nella valle del Gerenzone (San Giovanni, Rancio e Laorca), nel corso dell’Ottocento Malavedo fu interessato dall’intenso sviluppo dell’industria. Il rione in questione, in particolare, fu la culla ove si concentrarono alcune delle più importanti aziende della zona, come l’ex Laminatoio e le Trafilerie di Malavedo. Queste, ancora totalmente destinate alla lavorazione del ferro, appartenevano a importanti famiglie di imprenditori delle città: tra di esse spiccavano i Falck, celebri per aver fatto fortuna con le loro grandi imprese, di lì a poco, alle porte di Milano. Nella Galleria Comunale d’Arte – Sezione d’Arte Moderna, ospitata in Villa Manzoni, un dipinto del celebre pittore Orlando Sora immortala proprio le ciminiere che scandiscono l’orizzonte di Malavedo. Un rione in cui, nel riverbero dello spumeggiante fragore delle acque del Gerenzone, pare ancora di udire i forti colpi di magli e il rimbombo delle infinite officine che lo hanno connotato da sempre.
Il rione Malavedo sorge nel cuore della vallata del Gerenzone, poco prima dell’abitato del rione Laorca ed esattamente “sul corso” del torrente Gerenzone, protetto dalle verdi alture circostanti.
Malavedo, originariamente comune autonomo, fu accorpato formalmente a Laorca, che era parte della pieve di Lecco, nel 1755. Nel 1923, il comune di Laorca venne aggregato a quello di Lecco, insieme ai soppressi comuni di Acquate, Castello sopra Lecco, Germanedo, Rancio di Lecco, San Giovanni alla Castagna e alle frazioni di Belledo e Sant’Ambrogio, scorporate dal comune di Maggianico.
Da non perdere: una passeggiata tra le viuzze del rione, che “parlano” ancora una lingua appartenente al passato, tra le case dai caratteri arcaici dove abbonda la pietra locale. Le Trafilerie di Malavedo, molto significative per l’unitarietà dell’insieme, sono tuttora interamente destinate alla lavorazione del ferro. A ridosso della chiesa di sant’Antonio, invece, il complesso residenziale che si è sviluppato nel corpo di un’antica cartiera risalente alla tarda metà dell’Ottocento è un segno di come il passato, e quindi l’archeologia industriale, possa conservarsi in seno al presente.
Il lago, le montagne, i torrenti, le viuzze, i rioni sparsi ai piedi del Resegone o affacciati sull’acqua: ogni particolare della città rimanda al romanzo.
Camminando ed esplorando le vie di Lecco, ti imbatti in un piccolo scrigno di fede.
Raggiungi uno dei luoghi più suggesstivi dell’itinerario manzoniano: il Castello dell’Innominato si trova a Vercurago.
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